giovedì 1 novembre 2012

Intervista a Gianluca Morozzi


La prima volta che ho avuto modo di “parlare” con Gianluca Morozzi è stato su facebook, mi pare due anni fa. Avevo letto di un romanzo il cui protagonista si chiamava Lajos (L'era del porco) e siccome lo scrittore veniva da Bologna mi venne da chiedergli se per caso c'era un riferimento a Lajos Detari. Il riferimento c'era eccome.

Lajos Detari era un calciatore ungherese, stratosferico, immenso. Uno che non ho mai capito perché non arrivò ai livelli di Maradona, aveva dei numeri che non ho mai visto in nessun altro. Nel 1990 giocava nel Bologna e io ero abbonato. Con un amico mi facevo da Toscanella (vicino a Imola) a Bologna in autobus (il 101, blu), partendo la domenica prima di pranzo. Eravamo i primi ad arrivare in Andrea Costa, portavo con orgoglio tipico del diciassettenne la sciarpetta dei Total Chaos.
Durante quella conversazione Morozzi mi raccontò di una trasferta mitica a Leffe in un campo dimenticato da dio, con un Bologna che lottava in serie C... insomma, passammo un po' di tempo a sproloquiare sulla nostra squadra del cuore come fossimo vecchi amici (il potere dei social network...).

Qualche anno prima la mia passione per i libri era cominciata con autori italiani, Brizzi, Culicchia, De Carlo e Baricco – autori antecedenti a Gianluca – per dedicarmi alla letteratura americana. Dai beat fino agli autori più attuali. Quando perciò parlai la prima volta con lo scrittore bolognese non avevo idea se fosse famoso e quanto.
Oggi credo di poter dire che Gianluca Morozzi, dell'ultima generazione di scrittori, sia uno dei più interessanti. Lontano dai salotti letterari e dal loro snobismo insopportabile. Uno che macina presentazioni su presentazioni, prima ancora che per tornaconto perché gli piace incontrare la gente. Uno che suona dal vivo Bob Dylan, che fa un programma radiofonico in cui mette dischi degli anni 70. Uno scrittore che che scrive qualsiasi genere, che plasma la letteratura contaminandola con il rock, il fumetto. Uno che continua a divertirsi senza montarsi la testa. Dici poco?

Via alle danze!


Gianluca Morozzi, scrittore bolognese, classe 71, musicista in una cover band di Bob Dylan, sceneggiatore di alcune graphic novel e appassionato di calcio, già una biografia alle spalle, milioni di presentazioni letterarie, una ventina di libri pubblicati e la pagina su Wikipedia... Eppure, nonostante una certa notorietà, ancora ti si descrive come scrittore underground. Forse non hai ancora raggiunto la fama di altri scrittori, perché? Cos'è che ti manca, qualche ospitata in televisione? Un bestseller?

Ah, beh, è molto semplice: non è ancora uscito il mio bestseller “L’uomo liscio”, e non è uscito anche per il piccolo dettaglio che devo ancora finire di scriverlo. Dopodiché, in ogni treno si troverà almeno un lettore per vagone con in mano L’uomo liscio, e tutti avranno una copia de L’uomo liscio e commenteranno certi passaggi esilaranti col vicino d’ombrellone.
Oppure dovrebbe uscire sui giornali la notizia di una mia torrida love-story con qualche giovane, bella e brava attrice emergente del cinema italiano. Anzi, rivolgo un appello: c’è qualche giovane, bella e brava attrice emergente del cinema italiano che vuole aiutare uno scrittore a uscire dall’underground e arrivare direttamente agli autogrill e ai centri commerciali?

Stai mica scrivendo un romanzo dal titolo “L'uomo Liscio”?

Be’, ti dirò: sì. Ed è un po’ un uber-romanzo, nel senso che ricompariranno anche alcuni personaggi vecchi in veste di comprimari di passaggio (tipo i Despero), ma soprattutto nel senso che è un romanzo interminabile ed eterno. Il primo capitolo è stato letto in pubblico ormai un anno e mezzo fa, e nel frattempo ho scritto altri cinque o sei romanzi… cercherò di dare un’accelerata quest’inverno.

Comunque per me dovresti farti qualche nemico, sei troppo buono! Prova a parlar male di qualche personaggio famoso, vedrai come aumenta la popolarità! Baricco ad esempio, l'hai visto ai comizi di Renzi? Me li vedo già i titoloni: “Morozzi attacca Baricco”. O Simona Ventura. No?

Oppure: Morozzi ripesca un racconto scritto a quattro mani con Paolo Alberti in un pub nel 1994 e fa causa agli autori di The truman show (è vero!). Poi ne ripesca un altro, e fa causa a Stephen King per un suo oscuro racconto. Poi fa causa a tutti quelli che hanno fatto un film con tre persone chiuse in un ascensore. Poi viene rinchiuso nel manicomio di Colorno noto come “la fossa dei serpenti”.

Niente, troppo buono!

Le polemiche tra scrittori ogni tanto mi ricordano un po’ i testi in cui i rapper insultano gli altri rapper. Io odio il rap. E l’hip-hop. E le derivazioni.

Rap... puah! Nel ns laboratorio di scrittura ci sono molti aspiranti scrittori che coltivano questa passione sperando di arrivare alla fatidica prima pubblicazione.
Prima di diventare scrittore-con-la-esse-maiscola scrivevi in solitaria o avevi anche tu luoghi in cui vivevi la scrittura come strumento di condivisione e socializzazione? Puoi raccontarci come viveva la sua passione il giovane Morozzi?


Il giovane Morozzi (che in questa occasione e solo in questa parlerà di sé in terza persona, come Formigoni o Conte) ha passato gli anni ’80 a scrivere racconti di fantascienza & horror su una macchina da scrivere antidiluviana di suo nonno. Macchina da scrivere mancante della lettera L, per cui i racconti avevano per forza titoli come Divoratore cosmico o Crociata su Marte. E gli anni ’90 a partecipare a concorsi letterari su e giù per l’Italia, spostandosi su macchinette scassate o treni espressi notturni per andare alle premiazioni. Ne ho fatti ottanta, di questi concorsi. Ne ho persi ottanta. E gli unici luoghi di condivisione e socializzazione erano i bar in cui, alla fine della premiazione, gli aspiranti scrittori sconfitti andavano a lamentarsi della giuria e del vincitore. C’erano i bukowskiani, che bevevano molto, i tondelliani, che ascoltavano timidi, le silvieballestre, con un look da centro sociale, le santacrociane, con un look da incarnazione tossica della Morte, i poeti (che non parlavano con nessuno e nessuno parlava con loro) e i pazzi generici. Altre condivisioni non ne ho avute. Il primo editore che ho conosciuto è stato Giorgio Pozzi di Fernandel nel 2001, è l’ho conosciuto quando mi ha chiamato in redazione per dirmi che avrebbe pubblicato il mio romanzo d’esordio.

Quindi dubito vorrai partecipare al nostro prossimo contest letterario, vero?!
Difficilmente dico di no.

Come si fa a dire di no ad un contest con questo titolo:“Vasco Rossi, il culo di Belen e il gattocane”? Sembra completamente folle ma... lo è! Guarda che ti prendo in parola!
Beh, ho scritto un romanzo che si poteva riassumere con: Supereroi del quartiere Saragozza contro David Bowie, il cantante delle Tarantole del rock scrive Blowin’ in the wind, un cd di Paris Hilton mischiato a un pacco di riviste porno viaggia tra gli universi e diventa una melodia. E un mio racconto si intitolava Lesbosuore contro Daitarn III. Non mi spaventa nulla.

Perfetto, ritieniti incastrato. Il concorso ha genere libero però dentro al racconto è obbligatorio scegliere almeno quattro delle quindici “chiavi” proposte. Le chiavi possono essere parole, battute di dialogo o caratteristiche di un personaggio. C'è il tresette, c'è “il culo di Belen”, Vasco Rossi, un piede mozzato e altro. Dice che partecipa anche Simone Marzini, l'autore del fortunato Nordest Farwest (lo conosci?)!
E si vince una fantasmagorica maglietta di pescepirata!


La indosserò con gioia.

(Prima devi vincerla!)
Come si diventa Gianluca Morozzi?


Partecipando a 80 concorsi letterari e perdendone 80 senza scoraggiarsi. Imparando a copiare gli stili di cinque scrittori diversi, per poi trovare il proprio. Continuando a leggere senza cadere nella sindrome del ginecologo, cioè, leggendo per il piacere della lettura e per autoalimentare la creatività. Andando in giro per tutta l’Italia a presentare i propri libri in contesti molto belli e in contesti molto brutti, davanti a cento persone oppure a tre, sempre sorridendo come Marino Severini dei Gang. E scrivendo un po’ tutti i giorni. Anche soltanto una pagina.

Un mix di testardaggine e allenamento. Ma il talento? Ti senti baciato dal Dio della scrittura, oppure ti senti un buon manovale che con tanta costanza tira su delle belle case? Per capirci, sei più Paramatti o Kolyvanov?

Un Alessandro Diamanti. Nato con il talento innato, ma preciso e puntuale agli allenamenti. Non uno che il talento lo butta via come un qualsiasi Adriano.

Dici poco... il mio idolo! Lui è completamente pazzo, tipo che arriva agli allenamenti con le piume di struzzo o la pelliccia. Sei folle pure te, almeno un po'?

Ho un tipo misurato e controllato di follia che mi permette di mantenere una decorosa vita sociale e di non spaventare le ragazze. La pazzia va incanalata per farla diventare creatività. Però non so tirare le punizioni nel sette come Diamanti.

(Guarda caso l'hanno squalificato alla vigilia della partita con la Juve...)

Stiamo pubblicando sul ns blog i ”raptus creativi” dei ns utenti, cioè i racconti di come assecondano e incanalano l'ispirazione verso la scrittura. Ce ne sono di divertentissimi! Tu come trovi l'ispirazione, come ti scocca la scintilla di un romanzo? Per esempio: l'idea di Blackout come diavolo ti è venuta?

Da un what if, ovvero: cosa succederebbe se…? Cosa succederebbe se oggi, domenica di ferragosto, quest’ascensore si fermasse con dentro me, il cavalier Poluzzi di anni 90 e la vedova Bianchi di 75? Qualcuno ha rinunciato alle vacanze per venire a tirarci fuori? E se il cavalier Poluzzi invece fosse un serial killer? E se la vedova Bianchi fosse la barista che ho visto oggi pomeriggio nell’unico bar aperto a Bologna la domenica di ferragosto?

Parliamo dei romanzi di genere, il giallo è stato sdoganato dal filone dei Lucarelli & co. ma per certi versi tutta le letteratura di genere è sempre stata vista come figlia di un dio minore. Tanti tuoi romanzi sono noir o comunque hanno sfumature gialle, però mi pare che quasi tutti abbiano una base di narrativa pura. Che rapporto c'è tra azione e narrazione; quanto hai bisogno che ci siano fatti, tensione e trama nelle storie che scrivi?

Ho bisogno che ci sia uno straccio di storia, di personaggi, di dialoghi. Mi annoierei a scrivere duecento pagine di soliloquio interiore indagando l’animo dell’Io Narrante. Non sono così bravo. E sono consapevole del fatto che di là c’è un lettore, che deve essere disposto a seguirmi anche nelle mie contorsioni e nelle mie risoluzioni inusuali delle trame, sapendo però che da qualche parte andiamo a parare. Per divertirlo sono disposto a tutto, a infilare nelle mie storie David Bowie di un mondo parallelo, Al Pacino a Venezia, il sosia padovano di Bob Dylan, orrendi serial killer, secondo il principio: se mi diverto io, si diverte anche il lettore. Certo, non è matematico che questo accada, ma è matematico il contrario: se mi annoio io a scrivere un romanzo, il lettore si annoia di certo quando poi gli tocca leggerlo.

Com'è oggi la scena letteraria bolognese? Di nomi nuovi di un certo livello ce ne sono, ci sei tu, c'è Marilù Oliva, c'è Berselli, Massimo Vitali, Simona Vinci (un po' fuori Bologna per la verità), Enrico Brizzi, Grazia Verasani.. Pensi che un movimento letterario che fa corpo unico, che si frequenta e si da man forte, penso ai Sugarpulp di Padova, possa esistere a Bologna?

Ma quello già c’è. Ci si conosce un po’ tutti, ci si aiuta, ci si frequenta più che volentieri, ci si presenta a vicenda, si va ognuno alle presentazioni degli altri, se possibile. La scena è bella fertile, qui. Come del resto è sempre stata.

A proposito di Bologna, ci salviamo quest'anno?
Io la vedo grigia... perdere a Siena e Cagliari dopo aver dominato è un brutto segnale. Manca peso in mezzo e anche dietro, l'assenza di Portanova, Raggi e Mudy si sente. Mettiamoci anche il deficit di personalità della dipartita di Di Vaio... Che ne pensi?


Mah, adesso magari cominciamo a giocare con Diamanti dietro Gabbiadini e Gilardino, Portanova rientra, a gennaio cerchiamo di farci dare un paio di prestiti… non sarà facile per niente, lo so, ma lo penso tutti gli anni, quando arriviamo a ottobre avendo 6-7-massimo 9 punti.

Intanto oggi, si prevede una grandinata sul Dallara (Bologna-Inter)...

Sì, è stata una di quelle giornate deliziose, piacevolissime, in cui la celebre hard rain dylaniana si è abbattuta su di noi coadiuvata da un simpatico gelido vento, e l’Inter ha fatto tre tiri in porta e tre gol, aiutata dalla nostra statuaria difesa. Ma le sconfitte in casa sotto la pioggia ghiacciata dell’autunno ti fanno apprezzare ancora di più le vittorie sotto il sole di primavera.

Ti piace la radio? Mi sembra che nel mare dei media sia uno dei mezzi più vicini al libro, sei d'accordo? Hai dei programmi preferiti?

La faccio anche, la radio. Il mercoledì mattina io, Moreno Spirogi degli Avvoltoi e Stefano Migliore abbiamo un programma chiamato L’era del Moroz, dove metto musica obsoleta e rumorosa, discorro, propongo temi assurdi, e facciamo una rassegna stampa oldie, leggendo gli articoli di quei bei giornali tipo Italia Oggi del 1969. Moreno ha la rubrica La bottega dei ricordi, in cui ripesca dei singoli assurdi tipo Cara droga, e io ho la rubrica Il pippone su Bob Dylan. Imperdibile!

Radio Città Fujiko?
E i programmi che parlano di libri? Li ascolti, ti annoiano? Fahrenheit su radio 3?


No, ascolto Fahrenheit, in effetti, e le radio rock, e le trasmissioni locali di calcio, e poi varie ed eventuali.

Chiudiamo con un disco, mi sembra il modo migliore di chiudere un'intervista ad uno scrittore! Consigliamoci un disco e andiamo in pace. Il mio è Rubber Factory dei The Black Keys, del 2004, registrata dentro ad una fabbrica. I suoni sono oltremodo sporchi e c'è un sacco di blues, te lo raccomando!
Ora tocca a te!

Yankee Hotel Foxtrot, dei Wilco.

Che il rock sia con te.


Black Bart
www.pescepirata.it

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