lunedì 23 dicembre 2013

Racconto del mese: ottobre (primo a parimerito)


La canzone di Belfast

 di "tirofisso"Andrea Zanasi

 




«Te ne faccio un’altra, Danny?», chiese Paddy Brogan.
Danny Connelly guardò gli archi di schiuma che istoriavano il boccale vuoto. Ci pensò un attimo, poi scosse il capo.
«Volentieri, ma non saprei come pagartela: sono più al verde della sfilata di San Patrizio»
«Lascia perdere, Danny Boy. Questo giro lo offro io. L’ultima pinta, poi chiudo bottega e ce ne andiamo a casa».
Danny osservò il barista mentre armeggiava con le spine. Ecco come sarò tra venticinque anni, rifletté amaro. Un panzone gonfio di Guinness, che tira le serate per le lunghe perché a casa non c’è nessuno ad aspettarlo. Sempre se non crepo prima.
«Eccola: la miglior Guinness della città» disse Paddy, posando le due pinte sul bancone. «Scommetto quello che vuoi che neanche nella vecchia, fottuta Dublino ne trovi una migliore della mia»
«Secondo te ci sono mai stato, a Dublino?» rispose ridendo Danny.
«Perché, io sì? Ma posso dirti con sicurezza che con la mia stout sono pronto a sfidare la robaccia di Dublino in un giorno qualsiasi dell’anno».
Danny sorrise. Era fatto così, Paddy Brogan: quando beveva gli si manifestava un’inattesa indole competitiva, ma se esagerava diventava nostalgico, e allora non lo sopportava più nessuno. Meno male che erano quasi all’orario di chiusura.
«Se continui a darti tutte queste arie, a Dublino ci arrivi volando come una mongolfiera, fanfarone», lo canzonò Danny. «Lo so che la tua birra è buona. Infatti vengo a bere solo qua da te».
«Già: sei l’unico, a quanto pare».
Da un po’, infatti, tutta la vecchia clientela per qualche motivo sembrava evitare quel pub come una nave di appestati.
«Certo però che dovresti dargli una rinfrescata, a questo locale, Paddy.» disse Danny. «Cristo santo, puzza di muffa. Poi non c’è una seggiola uguale all’altra, la tappezzeria è tutta rovinata e una lampadina su due è fulminata. E i cessi fanno pena.»
«Oh, la vuoi piantare, criticone?» ribatté Paddy, punto sul vivo. «Non sapevo che Vostra Grazia delle mie palle bollenti fosse abituato a locali di altro tono! Se qua non ti piace puoi sempre cercare un altro pub dove andare a sbronzarti. Sempre se trovi un altro coglione che ti offre le pinte e fa credito a un fannullone del tuo calibro».
«Dai, non ti incazzare. Stavo scherzando».
Il barista brontolò qualcosa, dando un colpo di straccio al bancone, mentre Danny frugava nelle tasche dei jeans alla ricerca di qualche spicciolo: quelli che trovò non erano sufficienti a pagare una birra, ma sarebbero bastati per un disco nel juke box. Infilò le monetine nella fessura, digitò il codice e un attimo dopo Bruce Springsteen che cantava Born To Run riempì il locale con la sua voce calda. Danny ritornò al bancone canticchiando, e vide che l’amico aveva preparato altre due pinte, segno che non se l’era presa.
«Bella, questa canzone. Parla di Belfast?» chiese Paddy strizzando l’occhio, al punto in cui dice “questa città ti strappa le ossa dalla schiena”.
«Non credo, però ci sta».
«Oh, certo che un posto più rognato di questo non potevamo scegliercelo, per nascere».
«Guarda il lato positivo, Paddy: Derry è ancora peggio».
«Anche su questo hai ragione, e ti confesserò una cosa, Danny Boy. Ma che rimanga tra me e te. Io mi sono rotto i coglioni di Belfast e di tutte queste storie. L’I.R.A., le bombe, la marcia degli orangisti figli di puttana. Cattolici, protestanti, Maggie-baciami-il-culo-Thatcher, la gente che ha perso il lavoro giù ai cantieri e non ha più i soldi per sbronzarsi, quel vampiro del padrone che viene qua ogni mese a riscuotere l’affitto e mai una volta che si faccia una pinta. Basta. Con Belfast ho deciso di darci un taglio. Questione di giorni, al massimo di settimane, poi chiuderò questo cesso di pub e… bye-bye!»
«E cosa farai? Ti ritirerai nella tua lussuosa tenuta di campagna, con un maggiordomo un po’ rincoglionito e un paio di magnifici cani da caccia?»
«Bravo, prendi pure per il culo! Vedrai, se racconto cazzate! Ti ho mai detto che ho un cugino che vive in America?»
«Quello che fa il pompiere a Boston? Più o meno un milione di volte».
«Ebbene, sono riuscito a mettere da parte qualcosa: il tempo di sistemare ancora un paio di faccende, poi andrò a stare da lui». esclamò Paddy, con un sorriso trionfante sulla faccia gonfia da oste medievale.
«Cazzo, ma è magnifico, Paddy! Sono contento per te. E una volta che sarai là, cosa farai?»
«Quello che ho sempre fatto: dar da bere agli assetati. Mi diceva mio cugino che là c’è un casino di locali da prendere in gestione, basta saperci fare e rimboccarsi le maniche. Poi, una volta che avrò in tasca un gruzzolo sufficiente, aprirò un pub tutto mio».
«Non ho dubbi che ce la farai, Paddy: sei in gamba, e se c’è uno che sa come mandare avanti un locale, quello sei tu».
«Come dicevo prima, basta saperci fare e rimboccarsi le maniche. Del resto lo dicono tutti che l’America è la terra delle opportunità. E poi non sono ancora vecchio e, con un po’ di fortuna, potrei trovare anche una brava donna da sposare».
«Su questo non ci scommetterei un penny, ma mai dire mai». sorrise Danny. «Senti, si è fatto tardi: domattina ho da fare la solita trafila all’ufficio di collocamento. E’ meglio se vado a casa».
«Bene, Danny Boy. In bocca al lupo, allora».
«Crepi. Ci vediamo domani?»
«Certo. E se no, speriamo sia per colpa tua».
Era la battuta con la quale si congedavano sempre, ma quella sera Danny non aveva voglia di ridere. Proprio nessuna voglia. Si incamminò verso casa con le mani in tasca, unico passante in uno scenario postatomico, mentre il cielo aveva iniziato a rovesciare acqua sporca su quelle strade dimenticate: nastri d’asfalto sconnesso incuneati tra i blocchi anneriti e scalcinati delle case a due piani. Calciò via un pezzo d’asfalto, sradicato dalla rabbia di una settimana prima. Quel quartiere era una polveriera pronta a esplodere, e l’aveva fatto per l’ultima volta in un sabato di sole primaverile, una di quelle giornate in cui pensi che nulla di brutto possa accadere. Se non vivi a Belfast. Un’auto della polizia era sfilata lenta lungo la strada principale, quel sabato mattina. I passanti le avevano riservato le solite occhiatacce, ma nulla di più. Nessuno aveva voglia di raccogliere la provocazione, e tutti avevano continuato a fare come se niente fosse. Compreso un gruppetto di dodicenni intenti a giocare a calcio in una laterale. Ad un certo punto uno di loro aveva calciato male la palla, che era andata a colpire il finestrino dell’autopattuglia. I ragazzini si erano messi a sghignazzare, ma non era chiaro se prendevano in giro il loro compagno maldestro oppure gli sbirri. Questi erano nervosi, e ancora prima di rendersi conto di cosa fosse successo erano scesi dall’auto con gli sfollagente in mano. Vedendo il gruppetto di ragazzi che ridevano, si erano precipitati verso di loro, sferrando manganellate alla cieca.
«Vergogna! Sono solo dei ragazzini!» aveva gridato un’anziana signora affacciata alla finestra, mentre una piccola folla aveva iniziato a radunarsi, e a ingrossarsi sempre di più.
«Ho visto tutto! Conciateli per le feste, quei maiali!» aveva incitato la vecchia.
E nessuno se l’era fatto ripetere due volte, compreso Danny, che passava di là.
I due poliziotti si erano resi conto del loro errore, erano riusciti a rifugiarsi in macchina, ma ormai erano circondati da una massa inferocita che stava scuotendo la vettura.
«Bastardi! Uscite di lì, se avete coraggio!» aveva berciato un uomo, con la faccia stravolta dall’odio.
«Assassini!», «Carogne!», «Inglesi rottinculo! Siete morti!» urlava la folla, mentre alcuni ragazzi già saltavano come scimmie sul tettuccio dell’auto, facendo saltare i lampeggianti a calci.
A un certo punto era arrivato di corsa il fabbro che aveva l’officina in fondo alla strada, brandendo un grosso martello.
«Largo, gente!» aveva annunciato. «Adesso ci penso io a far uscire i topi dal buco».
Aveva sfondato entrambi i finestrini con un paio di mazzate, tra l’esultanza generale.
Danny era stato il primo ad agguantare uno dei due inglesi, tirandolo a viva forza fuori dall’auto.
«Ti piace picchiare i ragazzini, vero? Pezzo di merda». aveva grugnito mollando parecchi pugni sulla faccia dello sbirro. Diretti sganciati per far male sul serio.
Poi l’aveva visto bene. Un ragazzo di vent’anni, forse al suo primo giorno di lavoro, e dipinta sul volto l’espressione di una preda in trappola. Lì aveva avuto un attimo di esitazione e gli era passata la voglia di massacrarlo, devastarlo, rovinarlo per sempre.
Gli aveva mollato un ultimo manrovescio, poi aveva detto, quasi sottovoce: «Vai, sparisci! Oggi è il tuo giorno fortunato».
E quello, con la divisa a brandelli, era corso via con l’energia disperata dell’animale braccato.
Il suo collega più anziano non se l’era cavata così a buon mercato: trascinato in un vicolo, era stato riempito di calci e bastonate e lasciato là più morto che vivo, mentre l’autopattuglia veniva data alle fiamme.
«Eccoti servito, pezzo di merda!» aveva ringhiato un ragazzo con la maglia del Celtic Glasgow, pisciando sul corpo privo di sensi del poliziotto. Era il fratello di uno dei ragazzini presi a manganellate.
La risposta degli inglesi non aveva tardato a farsi sentire, ed erano arrivati due blindati, accolti dalla musica infernale dei coperchi dei bidoni della spazzatura sbattuti sui marciapiedi. Volavano sassi e molotov da una parte, lacrimogeni dall’altra, mentre si accendevano dei corpo a corpo di una violenza primordiale. La battaglia era durata fino a sera, quando la via era stata sgomberata con gli idranti, e alcuni insorti erano stati caricati di peso sui furgoni cellulari.
«Bravi, sarete contenti, adesso!» aveva gridato la vecchia di prima, applaudendo ironicamente i poliziotti. «Tutto questo casino per una pallonata!»
Perché tutto quest’odio? Perché tutta questa merda?, si ripeteva Danny rincasando.
«Perché? Perché?» urlò nella notte.
«Cosa fai, Danny Boy? Parli da solo come i matti?» risuonò all’improvviso una voce alle sue spalle, e lui sussultò come punto da uno spillo.
«Porca puttana, Frankie! Mi hai fatto prendere una strizza fottuta!»
«Già, siamo tutti un po’ nervosi, mi sembra». ridacchiò l’uomo, un quarantenne massiccio con una faccia che sembrava squadrata con l’accetta. Era Frankie Costello, il leader di zona dell’I.R.A., uno dei partigiani più intransigenti della lotta a oltranza contro l’invasore britannico.
«Puoi dirlo forte, cazzo. Dammi una sigaretta». chiese Danny ancora con il cuore a mille.
Frankie ne aveva sfilate due dal pacchetto, offrendone una al ragazzo, e per un po’ avevano fumato in silenzio.
«So che sei stato da Brogan, stasera.» disse Frankie all’improvviso. «Hai saputo qualcosa? E’ vero quello che si dice in giro?»
Danny annuì: «Sì, me l’ha confermato prima: presto partirà per Boston».
«Porca puttana, allora non c’è tempo da perdere. Devi farlo domani».
«Cristo, Frankie. Ne sei proprio sicuro?»
Costello guardò Danny come si guarda un deficiente. Scosse il capo e sputò per terra.
«Ascoltami bene, perché non te lo ripeterò un’altra volta: questa è una guerra, e tu hai scelto da che parte stare. E sai meglio di me che fine fanno i traditori. Secondo te, dove li ha rimediati i soldi per andare in America? Ha trovato la pentola d’oro dei folletti?»
«Non ne ho idea, ha detto di aver messo da parte qualcosa…»
Frankie Costello iniziò a sghignazzare.
«Conosco quel figlio di puttana da una vita, e non ha mai avuto in tasca un penny bucato. Te lo dico io, dove li ha presi quei soldi: sono la ricompensa per aver venduto i nostri agli inglesi. Quel bastardo deve crepare: è la giusta punizione per chi tradisce».
Danny deglutì e cercò le parole giuste. Aveva già ucciso diverse volte: aveva piazzato alcuni ordigni e un anno prima aveva fatto parte del gruppo di fuoco che aveva freddato sulla porta di casa un ispettore di polizia padre di tre figli. Adesso però sentiva che era troppo, quello che gli stavano chiedendo.
«Perché proprio io?» provò a obiettare.
«Perché sei l’unico di cui si fida, ecco perché! Se quello vede uno di noi che ronza attorno al suo pub non sta niente ad avvertire gli sbirri».
«Cazzo, Frankie! Paddy Brogan è un mio amico!»
Frankie gli andò sotto, puntandogli l’indice nello sterno.
«E Mulligan, O’Brien e Maguire non erano forse tuoi amici?» ringhiò. «E’ grazie alle soffiate di quell’infame che adesso sono a marcire a Long Kesh. Ricordatelo, prima di definire Brogan un amico! Il prossimo potresti essere tu, a spalmare la tua merda sulle pareti della cella, mentre quel topo di fogna se la spassa in America: pensaci se ti capita! Adesso non voglio sentire più cazzate: se domani a quest’ora Brogan sarà ancora vivo ti riterrò responsabile, e farete la stessa fine. Non hai scelta, Danny Boy».
Danny aveva due alternative davanti, e nessuna delle due era piacevole. Ammazzare o farsi ammazzare. Del resto quella era la sua vita, da quando, cinque anni prima, aveva deciso di aderire all’I.R.A. L’aveva fatto all’indomani dei funerali di sua madre, colpita da una pallottola vagante mentre rientrava dal lavoro. Danny aveva già perso il padre a dieci anni: un infortunio sul lavoro, ai cantieri navali. Sua madre, per mandare avanti la baracca, era andata a fare la domestica presso una famiglia di protestanti. Una sera, rincasando, si era trovata in un corteo che protestava l’innocenza dei cosiddetti Quattro di Guildford, condannati senza alcuna prova per un attentato a un pub di Londra. Qualcuno aveva lanciato dei sassi, la polizia lealista aveva aperto il fuoco a tradimento, e sul selciato di quelle strade maledette erano rimaste tre persone. Frankie Costello si era avvicinato a Danny dopo che la bara era stata calata nella fossa.
«Credo che adesso li odierai al punto giusto, quei porci». aveva detto dopo avergli porto le condoglianze. «Sei un ragazzo coraggioso, Danny. Abbiamo bisogno di gente come te. Non sei obbligato a dirmi di sì, ma ricordati che una volta presa questa strada non si torna indietro».
Gli ritornarono in mente queste parole, mentre Costello lo osservava in silenzio in attesa di una risposta.
«Va bene, lo farò». disse.
L’indomani, verso le nove di sera, Danny entrò nel pub di Brogan, e lo trovò intento come sempre a pulire il bancone.
«Ciao, Danny Boy!» disse Paddy, con un sorriso ingiallito dalle sigarette.
«Paddy…»
«Com’è andata, al collocamento? Trovato qualcosa?»
«Niente di niente. Sembra impossibile, ma in questa città ti offrono un lavoro solo se ne hai già uno».
«Non prendertela, amico. Andrà meglio la prossima volta. Birra? Offro io, stai tranquillo».
«Vada per la birra. A buon rendere, socio».
Paddy preparò le pinte con la sua solita perizia: boccale inclinato a quarantacinque gradi e riempito a tre quarti; un minuto e mezzo di attesa, per poi riempirle fino all’orlo.
«A chi ci vuole male». disse facendo tintinnare il boccale con quello di Danny.
«Che crepino». rispose Danny.
Per un po’ sorseggiarono la Guinnes senza parlare, mentre la mano di Danny andò alla pistola che gli pesava in fondo alla tasca del giaccone, poi all’improvviso ruppe il silenzio.
«Raccontami, Paddy: come sarà il tuo pub a Boston?»
Il volto del barista si illuminò di un sorriso da ragazzino.
«Oh, sarà un locale stupendo, mica una bettola come questa! Sarà tutto rivestito in legno scuro, con dei poster colorati alle pareti, e un bancone lungo dieci fottute iarde, con le spine lucide come monete nuove di zecca. Poi ci metterò un caminetto, perché cos’è un pub irlandese senza caminetto? Così, per starci attorno a bere nelle serate d’inverno. Magari comprerò anche un televisore, uno di quelli moderni, a colori: una di quelle diavolerie con lo schermo grande come quello del cinema, e la sera ci guarderemo le partite dei Boston Celtics. Sarà sempre pieno fino a scoppiare, il mio pub. E non di ubriaconi depressi come qua, oh nossignore! La ci gireranno i pompieri, e tutti gli studenti dell’università verranno lì a sbronzarsi per festeggiare dopo aver passato gli esami. Se mi dimostreranno di averli superati col massimo dei voti, gli farò due birre al prezzo di una, così porteranno poi gli amici, e gli amici degli amici e anche tante ragazze. Potrei anche montare un palco per far suonare qualcuno, il sabato sera. Perché no? La musica non può mancare, in un locale come quello che ho in mente. E quando sarà il giorno di San Patrizio, faremo una festa che non ce ne sarà una uguale neanche nella vecchia Dublino: tutti verranno lì vestiti di verde, e non permetterò a nessuno di uscire sobrio dal mio pub. A nessuno, parola di Paddy Brogan». concluse, e la voce gli si incrinò.
Si voltò verso Danny, e disse «Oh, al diavolo, Danny: basta con le cazzate! Lo so per cosa sei qua, non sono mica scemo. Guarda che non me ne frega niente, mi fai appena un favore: non riuscivo più a guardarmi allo specchio, da tanto mi vergognavo di quello che ho fatto. Peggio dello stramaledetto Giuda, ecco cosa sono. L’avrei fatta finita da me, se mi fosse rimasto un briciolo di dignità. Avanti, fai quello che devi fare e non parliamone più, prima però permettimi di darti una cosa».
Paddy infilò una mano sotto il bancone e ne sfilò una busta.
«Qui dentro ci sono soldi bastanti per un biglietto aereo per l’America, e ne avanza anche qualcuno. Prendili tu, Danny Boy: meriti di andartene via per sempre da questo cesso di città. Forse questo non mi basterà per non far bruciare la mia anima all’inferno, ma servirà a te per ricominciare. Addio, ragazzo. E’ stato un piacere bere con te l’ultima pinta della mia schifosa vita. Un’ultima cosa voglio chiederti: vorrei crepare ascoltando la canzone di ieri, quella di Bruce Springsteen che ti piace tanto».
«La canzone di Belfast». disse Danny con un sorriso triste.
«Già. La canzone di Belfast».
Alle otto del mattino successivo Danny prese un autobus diretto in centro. Tutto il passato da cui non aveva voluto liberarsi era contenuto in una vecchia borsa sportiva. Diede un’ultima occhiata al paesaggio che sfilava rapido fuori dal finestrino. Il quartiere dov’era nato e cresciuto, con i suoi mucchi di immondizia, i truci murales inneggianti all’I.R.A., i vetri spaccati e i primi sfaccendati già a caccia di un pub dove riempire il vuoto delle loro vite nell’unico modo possibile. Eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva a provare la stretta di nostalgia di un ragazzo che sta per dire addio alla città dov’è nato. Anzi, l’ultimo pensiero era stato di rabbia, per quel posto disgraziato.
«Addio, vecchia baldracca. Non mi mancherai neanche un po’». disse tra sé, prima di scendere a una fermata del centro.
Per qualche minuto vagò senza meta per quelle strade che aveva visto di rado, nei suoi ventiquattro anni di esistenza, come un anonimo passante perso tra la folla. Il centro era tutt’altra cosa rispetto al suo quartiere: sembrava quasi di trovarsi in una città normale, dove la gente va al lavoro senza la paura di non rivedere più il portone di casa, e i giovani vanno all’università a studiare e rimorchiare ragazze.
Poi entrò per la prima volta in vita sua in un’agenzia di viaggi. La ragazza dietro il bancone aveva i capelli rossi ed era molto carina.
«In cosa posso esserle utile?» sorrise commerciale.
Danny spinse verso di lei la busta che gli aveva dato Paddy Brogan la sera prima.
«Boston,» disse. «solo andata».


venerdì 20 dicembre 2013

Racconto del mese: ottobre (primo a parimerito)


Vessicchio in love (a true cat story)

 di "Marassa" Mara Munerati

 


“Guarda che parliam di niente se parliam d’amore. Io all’amore non ci credo, che secondo me è una bella cazzata come quella delle sette vite.”
I gatti non ci credono all’amore. Vessicchio, certosino di tredici anni lo sapeva che non bisogna crederci all’amore. Che è una presa per il culo come i croccantini light o la sabbia che profuma di lavanda. Che quando ami, sporchi come quando caghi. E che ci sia la lavanda o il muschio bianco sotto la coda, mica cambia molto. Puzza uguale. Soprattutto quando la fai grossa.
Vessicchio l’aveva poco profumata la lettiera. Lui che era un gatto di tredici anni, o forse quattordici. Lui che era quasi cieco e andava a naso. E all’odore di micia, mica pensava all’amore. Pensava alla micia, e mica alla lavanda della sua sabbia.
La Rodriguez sì che era una bella micia. Una gatta mozzafiato con la sabbia al profumo di gelsomino, i croccantini al salmone e le ciotole d’argento. Due pupille fotosensibili di una prontezza di apertura e chiusura sorprendenti. Cuscinetti anteriori e posteriori morbidi come la mousse al granchio e pettirosso della Kitcat. Una coda come un’antenna, che ci mancava solo la parabola. Una pelliccia nera, che così nera, più nera non si può.
“Che una volta anche la Rodriguez ci credeva all’amore. Ma adesso, non ci crede mica più nemmeno lei. Che anche lei caga sulla lavanda e ha capito che non copre mica niente quella roba lì.”
Vessicchio l’aveva vista la Rodriguez, prima che non ci vedesse più. E l’aveva sintonizzata bene la sua coda tutta nera. Anche i suoi canali extra.
“Cosa dici ti miamo Vessicchio! Ti miamo!” M a cosa vuoi amare con la ghiaina ancora attaccata al sedere perché pensi all’amore e non ti sai pulire. Cosa vuoi miamare cara Rodriguez?”
“Ma tu non mi miami? Stasera hai visto anche una partita di calcio grazie alla mia antenna!”
“Anche il lupo e i tre porcellini però l’hanno vista dopo di me. Bella micia mia, mi sa che l’abbonamento a Sky l’hanno un po’ tutti qui. E tra un baffo e l’altro, il quartiere è piccolo, e le miagolate girano in fretta.”
“Ma io miamo solo te! Con gli altri guardo solo le partite!”
“Bella micia mia, guarda che a correre dietro le palle degli altri, non ne ho mica più voglia, sai? Tra gomitoli e palline di gomma, mi hanno preso per il culo abbastanza. C’è che sotto la tua antenna però, io ritorno un micetto da latte e dimentico il bisonte da avanzi che sono. Ma non ci sei mica solo te come micia! Bella micia mia!”
“Ma nessuno mi sistema il segnale del digitale terrestre come fai tu Vessicchietto mio!”
E’ che a Vessicchio mica piaceva raccontarsela. E neanche dalla Rodriguez se la voleva far raccontare. Non voleva mica finire a cacciare pettirossi per lei o per la Kitcat che sfamava il suo pancino da velina felina.
Ma l’antenna della Rodriguez finiva sempre per sintonizzarsi col telecomando del Gatto-bisonte Vessicchio.
“Cambiami canale! Cambiami canale! Cambiami canale!”
E Vessicchio aveva iniziato a guardare anche i canali stranieri con la sua antenna. “Mastercats” stava diventando il suo programma preferito, dopo il cartone animato Occhi Di Gatto (quello sì che aveva delle belle micie!) Ma non erano abbastanza micie come la Rodriguez, che quando si faceva fare zapping diventava una pantera.
“Miamami Vessicchio! Miamami!”
“Cosa vuoi miamamamaoooomare? Bella micia mia, io capisco le partite di calcio e le puntate di Mastercats, ma i documentari dove li mettiamo? Dove me li fai vedere quelli, eh? Qui secondo me bisogna solo continuare a sintonizzarsi e basta. Che l’amore fa interferenze e basta! E quando mi salta il canale mentre mi fanno il riepilogo degli ingredienti della salsa tonnata, a me fa venire voglia di miagolarti contro solo indecenze canine. E mica posso farlo! Io che sono un signore, Mastro-antennista-gatto-bisonte Vessicchio!”
La Rodriguez non sapeva cosa fossero i documentari che Vessicchio le chiedeva di vedere.
“E i telegiornali?”
Ma la Rodriguez non sapeva neppure cosa fossero i telegiornali.
“Io Vessicchiuccio mio, non le so tutte queste cose! Ma voglio farmi miamare da te! Se stasera porti il telecomando, ti mostrerò un nuovo canale! Forse ho trovato un bel documentario! Un bel documentario per il mio Vessicchietto adorato!”
C’è che Vessicchio stava per diventare anche sordo a forza di ascoltare certe miagolate. Ma la Rodriguez c’aveva dei cuscinetti che poteva far sopportare cecità, sordità e ignoranza felina.
Vessicchio decise per quella sera di cagare nella lavanda per arrivare tutto profumato; la Rodriguez di fare “miama o non miama” con le linguette delle scatolette di tonno.
Quella sera Gatto-bisonte di lavanda Vessicchio aveva un telecomando che era pronto per tutti i canali nuovi del mondo.
La Rodriguez era tutta liscia e pettinata, con un’antenna all’aria che pareva una canna da pesca pronta a far abboccare un pesce gatto.
“Vessicchietto mio!”
 Vessicchio aveva profumato di lavanda anche il telecomando.
“Bella micia mia, dai che se girano i satelliti non vediam più niente!”
Scuscinettava a destra e a sinistra, con la coda al gelsomino. Che anche la Rodriguez aveva cagato nella sabbia profumata quella sera.
“E’ davvero un programma bellissimo Vessicchietto gattuccio mio! L’ho trovato e ho pensato subito a te!”
Era un gatto vecchio, ma non rincoglionito.
“Sei sicura che sia un documentario vero?”
“Certo che sì!”
“Bella micia mia, potrei forse miamarti se è bello davvero...”
“Vessicchiuccio mio! Ma davvero?”
Il telecomando non stava più al proprio posto.
“Aspettami qui Vessicchio-lavanduccio adorato!”
“Non mi muovo. Fuseggerò fino al tuo ritorno!”
C'è che forse Vessicchietto adorato lavandato poteva anche cagarsi in testa quella sera.

“Vessicchietto fuseggiante! Eccoci! Adesso Giuliaccino amoroso du du du e da da da, ti mostrerà il nuovo canale! Me l'ha trovato stamattina prima ancora che cambiassi la lettiera! Lui ha il telecomando satellitare! Che cose straordinarie mi ha fatto vedere!”

C’è che i gatti sembrano non credere all’amore. Vessicchio, certosino di tredici anni lo sapeva che non doveva crederci all’amore. Che era una presa per il culo come i croccantini light o la sabbia che profuma di lavanda. Che quando ami, sporchi come quando caghi. E che ci sia la lavanda o il muschio bianco sotto la coda, mica cambia molto. Puzza uguale. Soprattutto quando la fai grossa.
“E che l’amore è una cazzata come quella delle sette vite. A meno che il Guliaccino-caro-satellitare, non fosse già alla settima.”


lunedì 16 dicembre 2013

Bollettino di navigazione, 16 dicembre, terzo anno in mare



Il capitano mi ha fatto vedere le mappe di navigazione, le rotte e le carte dei venti. Ha piazzato Barbara al timone e ci ha detto che aveva importanti cose da sbrigare, ferme da troppo tempo, che ci lasciava carta bianca e che per un po' non l'avremmo dovuto disturbare.
Evvai! E dove andiamo allora? Natale... polo nord? Fossi scemo! Mi sono imbarcato per poter stare sempre al caldo. Via verso la Nuova Zelanda, minimo!

Popoorca papaleetta che freddo! Fufuuori boboordo ci sono i pipinguini coi guanti e la sciarpa. Mimi si è aanche rorotoo il pepelaapatate a tentare di sbusbucciiare una papataata surgelata. Cocoome cacacchiio facciamo a essere finiti in memezoo a tututii questi iceberg non lo so. Popoorca... Il cacaapitano Black è sottocoperta che gigiira in mumuutande sosoottobraccio al cacaapitano Anne con il reggiseno in testa che cantano: "O mia bebeella madunina", credo abbiano bevuto per tutuutta la settimana ininterrottamente, non penso ci possano essere d'aiuto. Che cacaacchio facciamo? Proviamo ad andare verso sud, la fa sempre più caldo, no? Dai che siete in buone mani.

Questa seseettimana due nuovi imbarchi surgelati in Giuramento. Cantate, cantate, se riuscite a farvi sentire attraverso il ghiaccio.
Poi, novità da segnalare in Anannuunci Staff. Soprattutto andate a vedere il blog dal look (e contenuti) rifatto. Ahrrr!

Del resto lo sapete, sulla nave si fafaanno quattro cose:

Si pepeelano patate, e su questo non c'è molto da dire. E tu cocoosa vuoi? Non c'è niente da dire, ho detto!

Si leleegge, e quiquiindi andate in Spaspaazio autori, dove oggi scade la votazione del miglior racconto di novembre! Veveeloci, a votare entro stanotte! Poi, con calma, andate a leleeggervi i racconti di dicembre, ce nè davvero una valanga.
E poi in Liliibri sul comodino una nuova triologia recensita, più una segnalazione in Seseegnalati da voi.

Si scrive, e quiquiindi andate in Alaallenamento, dove c'è una nuova sfida di scrittura a partire da un incipit. Poi in Gagaazzetta dei concorsi, dove segnaliamo due nuovi concorsi (a scadenza un po' ravvicinata a dire il vero).

Si edita, e quiquiindi andate in Edediitatemi, dove vito ci propone un suo racconto leggerino.

Beh, a dire il vero si chiacchiera anche, in Tataaverna come la solito. E poi si valutano manoscritti in Vavaalutazione manoscritti, vi informo che siamo al manoscritto numero nove in valutazione, già un bel numero. E vi ricordo che il forum vive (anche) grazie alla ASASSOOCIAZIONE CULTURALE PESCEPIRATA, che vi attende a braccia aperte come membri attivi, vivi e vitali cocoome il bifidus nello yogurt.

Dedeetto ciò non ci rereesta che dire: "Fofoo... etciù!" "Fofoorza... etciù" "Fofoorza capitani!"
 
www.pescepirata.it

Il forum

Gli altri bollettini di navigazione.
 

mercoledì 11 dicembre 2013

Natale a Ferragosto

Siete davanti al caminetto? Gatto e coperta sulle ginocchia? Ad ammirare l'albero? Vi trovate in centro commerciale paralizzati in coda alla cassa e state acquistando gli ultimi regali? Trascorrerete la vigilia dai suoceri e il Natale dai genitori? Siete inguaribili tradizionalisti del Natale e di tutte le feste comandate?Questa raccolta di racconti di Natale non fa per voi. La partenza in grande stile con Babbo Natale è un tossico, la chiusura con Babbo Natale è morto, ma prima di arrivare sin qui si passa per Ho freddoNatale all'inferno, e Babbomacello. Sarà tutto un altro Buon Natale.


La scheda della raccolta di racconti più fulminata mai realizzata.
Una raccolta di racconti natalizi scritti in Agosto.
Una raccolta, per giunta, ad OFFERTA LIBERA.
YEAH!
(la prima produzione cartacea by PESCEPIRATA)

Se vuoi chiedere delle copie scrivi a: segreteria@pescepirata.it

lunedì 9 dicembre 2013

Bollettino di navigazione, 9 dicembre, terzo anno in mare



La nave è ripartita da Bologna, l'abbiamo zippata e siamo scivolati tra i canali interni della Grassa, fino al Reno, e poi al mare. L'Adriatico si divide in lame di schiuma bianca davanti alla prua del nostro vascello, come il Mar Rosso davanti a Mosè. OK, paragone un po' esagerato...

Questa settimana c'è stata la festa! Resoconto in calce all'organizzazione dell'evento, in Festival. E un po' sparso in giro qua è là.

Un paio di nuovi imbarchi che finiscono con la "S" in Giuramento, andate a cantargli "Whatzaghena" dei Bluderbuss. (da notare la curiosità: se cercate "blunderbuss" su Google, nel riquadro a lato viene fuori la copertina dell'album "Wrecking Ball" di Springsteen la cui maglietta aveva indosso Morozzi! Qualcuno mi spieghi perchè.)

Si chiude il contest "Chiavi in mano 2° edizione" in Area contest, con l'annuncio ufficiale dei vincitori e la classifica dei primi dieci, e i conseguenti commenti invidiosi dei perdenti ("Sì, carino, può anche andare." "Oh, bellino è bellino, certo..." "Racconto saggiamente puntato sul popolare." "Molto bello, non l'ho potuto apprezzare a pieno perchè il mio livello culturale non me lo permette.")
Ora, rimane da concentrarsi sullo Spazio autori, la votazione del miglior racconto di novembre scade il 16, intanto che aspettiamo l'apertura per il forum dei racconti di dicembre (se ne avete, potete già piazzarli pure dove vi pare nel forum principale, poi li spostiamo).

Completano le attività della settimana le solite chiacchiere in Taverna, più una news in L'ora del tè, aggiornamenti sulle letture in corso in Libri sul comodino e due nuovi libri segnalati da voi in Segnalati da voi.

E insomma la nave vola con le vele gonfie di tutte le arie che ci siamo dati per la festa. Ma prima o poi smettiamo. La raccolta di "Natale a Ferragosto" è ufficialmente stampata e disponibile, il contest è finito, e le nuove nuovissime novità stanno per arrivare. Cosa volte di più? Io gridare: "Forza capitani!"
 
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lunedì 2 dicembre 2013

Bollettino di navigazione, 2 dicembre, terzo anno in mare


Cos'è quello, giovane mozzo? Ah, adesso vedrai una delle meraviglie della PescePiratA! Sai, ci siamo accorti di essere al largo dell'isola di Temoe, e Sabato dobbiamo essere a Bologna, son sui 20000 Km. Ci sarà da correre un po'. E allora guarda come si gonfia... Lo teniamo in sentina, e lo tiriamo fuori solo in queste occasioni. Sì è un pallone, un dirigibile, gonfio diventerà più grande dello scafo. Bello eh? Davanti c'è dipinto Blutto. Hem... sì quello di dietro è proprio un cu... NO NO, ma che dici, certo che non è quello del cap... E tu poi come faresti a sapere com'e il... Ma di che mi fai parlare, taci razza di sardina spinata, e ascolta me! Fileremo ad alta quota, là i propulsori ci faranno fare seicento chilometri l'ora, e saremo a Bologna in tempo. Forte eh? Preparati a sentire la vera velocità! Come di cosa è gonfio il pallone? E cosa credi che bruci nei reattori? Gas di buccia di patata, no? E adesso vai a pelare!

Questa settimana, a parte che non è la 41, due nuovi imbarchi in Giuramento. Se riuscite a farvi sentire nel rumore dei postbruciatori provate a cantare qualche canzoncina da pirati volanti ai nuovi arrivati, tanto per farli ambientare.

Del resto, tente stretti i cappelli che se volano via non ci fermiamo certo a riprenderli. Ci son state le solite chiacchiere in Taverna, e in L'ora del tè una nuova news. Più qualche commento sui racconti del contest "Chiavi in mano II edizione" in Area contest, la cui premiazione si avvicina...
Andate anche in Spazio autori, e attenti a non farvi risucchiare dai motori, che la puzza di carne strinata non mi piace. Se ci arrivate interi, è aperta la votazione per il miglior racconto di novembre, andate a leggere e votare.
Fatto? Bene, adesso andate a sistemarvi per bene, vi voglio vedere belli tonici a Bologna questo Sabato!
Se non l'avete ancora fatto, filate in Festival e mandate la scheda di partecipazione la raduno, il 7 dicembre è vicino! Pensate, potrete conoscere il capitano, e tanti bei pirati, quelli ricchi e famosi, quelli brutti e bitorzoluti... Non vedete l'ora eh?

E allora dai, non vi lascio altri compiti, così potrete prepararvi a dovere. Solo una cosa, gridate con me: "Forza capitani!" 
 
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