venerdì 27 maggio 2016

L'amore è per tutti- Mara Boselli-recensione





L’amore è per tutti. E’ davvero così? C’è un mondo reale dove l’amore è uguale per tutti? E’ una domanda che mi sono posta leggendo il libro di Mara Boselli. L’amore come cardine principale che muove le fila della trama. E’ un romanzo corale dove tre storie si intervallano.
Camilla e Milla, due ragazze dallo stesso nome che si trovano in una Milano tratteggiata.

Con la coda dell’occhio, l’aveva vista alzare la testa dal portafogli e sorriderle mentre afferrava il suo beverone impronunciabile. La osservava e non smetteva di sorridere leggera, con la testa un po’ inclinata verso destra”.

mercoledì 18 maggio 2016

Quattro chiacchiere con Mara Boselli



Mara Boselli è l’autrice di L’amore è per tutti, Nativi digitali. Ci ha incuriosito molto questo titolo e così siamo andati direttamente dall’autrice a farle qualche domanda.
Benvenuta su pesce pirata, siamo felicissimi di averti qui con noi.
Grazie a voi per avermi invitato.
Mara è donna, scrittrice e …?
E un sacco di altre cose. Sono una lettrice, sono una figlia e una moglie, sono una musicista, una cuoca e un’amica. Non necessariamente in quest’ordine.
Quali sono le tue ambizioni?
Non mi ritengo particolarmente ambiziosa, ma esigente: lo sono con gli altri e lo sono con me stessa. Cerco sempre di dare il meglio, di migliorare e di migliorarmi in ogni cosa che faccio. Non cerco né la fama, né la gloria; se arriverà un po’ di successo, sarà perché ci ho lavorato su.  
Che tipo di ragazza è stata Mara?
Una ragazza fortunata, amata dalla sua famiglia e circondata da amici. Ho avuto l’opportunità di vivere in un mondo pieno di stimoli; alcuni li ho colti, altri meno, ma tutti mi hanno portato ad essere ciò sono ora. Sono stata, però, anche una ragazza sufficientemente complicata: insoddisfatta, infelice. Ci ho messo anni ad accettarmi e ad accettare la mia disabilità. Parlo del mio cammino in Quelli che stanno peggio, il mio secondo romanzo che è uscito nel 2015 edito da EVE Edizioni.
Quando hai cominciato a scrivere?
Prima di scrivere, ho cominciato a leggere. E prima di leggere, ho cominciato a raccontare. E, prima ancora, ad ascoltare. La forza delle parole: mi affascinavano le storie che mi narravano. Poche fiabe, a dire il vero; solo mio papà si lanciava ad inventare strampalate avventure, degne della sua meravigliosa fantasia da bimbo. Mio nonno, invece, mi spiegava le trame delle opere liriche e mi faceva ascoltare i passi più famosi. Mia nonna ricordava della guerra e degli anni che sono venuti subito dopo.  C’era tanta di quella vita, in ciò che mi raccontavano, che, piano piano, l’ho assimilata e fatta mia. E ho iniziato a raccontarla. E poi, a leggere altre storie, altra vita. E, ad un certo punto, mi sono resa conto che anch’io avevo storie da raccontare, vite da narrare; così, mi sono messa a scrivere. Il mio primo, vero, romanzo, però risale solo a qualche anno fa. La storia c’era, era lì già da un pezzo, pronta solo ad essere messa nero su bianco. E così è nato Una vita a colori, edito nel 2014 da Nativi Digitali Edizioni.
Cosa rappresentano per te le parole?
Uno strumento potentissimo di liberta. Mi sento estremamente fortunata ad aver imparato a padroneggiarle un po’: scrivere è sempre stato un piacere, che poi è diventato un’esigenza che, lentamente si è trasformata anche in un lavoro.
Una poesia che hai nel cuore.
Ce ne sono molte, ma direi Neruda con il suo “Quiero hacer contigo / lo que la primavera hace con los cereo”.
Piangi davanti a un film romantico?
Spesso. Devo ammetterlo, ho la lacrima facile.
La qualità che preferisci in un uomo?
Ne devo scegliere solo una?! Direi l’onestà. Perché, se sei onesto, tutto ciò che fai o dici è autentico, vero; così, oltre a darmi la possibilità di conoscerti e capirti, mi offri l’occasione di essere altrettanto trasparente con te.
Se il tuo seduttore dovesse scegliere un libro per te quale vorresti scartare?
Io e mio marito ci siamo conosciuti online. Uno dei motivi per cui ho iniziato a scrivergli è stata una sua citazione di Daniel Pennac, tratta da Come un romanzo. Ho pensato: se cita Pennac nel profilo, non può essere tanto male. E’stato un po’ come riceverlo in regalo: un bel regalo, direi.
L’amore è per tutti è il tuo secondo romanzo per Nativi Digitali. Come vi siete incontrati?
Qualche anno fa, spronata soprattutto da un’amica, avevo riordinato le idee e buttato giù quello che poi sarebbe diventato il mio primo libro, Una vita a colori. Ho inviato il manoscritto ad una prima casa editrice che mi ha praticamente insultata, quando ha rifiutato l’opera. Non mi sono persa d’animo e ho contattato quella che allora era una piccolissima e nuovissima casa editrice digitale, con solo qualche titolo in catalogo. Annalia e Marco si sono dimostrati competenti, organizzati, intraprendenti e pazzi quanto bastava per interessarsi al mio progetto. Da lì, è stato amore.
Com’è è nato il tuo libro? Da un’idea o da un’esigenza narrativa?
Un po’ una e un po’ l’altra. L’esigenza narrativa era quella di esprimere un’idea, un concetto: credo fermamente nessun uomo dovrebbe essere mai discriminato a causa della propria pelle, del proprio credo religioso o del proprio orientamento sessuale. Quando ho proposto il manoscritto a Nativi Digitali, loro hanno colto immediatamente il messaggio e ci abbiamo lavorato su perché L’amore è per tutti vedesse la luce al più presto.
Quanto c’è di Mara nelle tue pagine?
Molto, anche se L’amore è per tutti è il primo libro che scrivo con personaggi completamente di fantasia. In Una vita a colori, invece, ci sono, nascoste fra le righe, citazioni e somiglianze con la mia vita che mi conosce può cogliere senza troppe difficoltà. Per quanto riguarda Quelli che stanno peggio: è stato definito un romanzo autobiografico, anche se è un termine che non amo particolarmente. Si dice che uno scrittore deve “avere fantasia”: in tutta onestà, non credo di averne molta. Io nasco cronista, ho lavorato per qualche anno sulle pagine di un quotidiano locale, racconto ciò che vedo, che sento e che vivo. Una certa parte di creatività, credo sia inevitabile in questo meraviglioso lavoro che mi sono scelta e, se riesco a mischiare questi due ingredienti senza che il lettore si renda conto dove inizi uno e dove finisca l’altro, allora mi posso ritenere soddisfatta.
Chi sono i protagonisti del tuo romanzo? Per cosa combattono?
In L’amore è per tutti, come nei precedenti, i miei protagonisti sono persone comuni. Vivono vite simili alle nostre e poi succede loro qualcosa, di inaspettato o di programmato non importa, che stravolge la loro quotidianità. D’altronde, la vita è così, no?
La vita ci travolge e ci sorprende in molti modi.
Si dice che la vita sia quella cosa che ci capita quando siamo intenti ad occuparci di altro. Mi piace pensare che i miei protagonisti combattano per le loro vite, per i loro ideali. 

Come definisci l’amore?
Potrei dire che l’amore è quella cosa che ti mozza il respiro, quel sentimento che ti fa pensare solo e soltanto a quella persona, che ti toglie l’appetito e che non ti fa dormire. Lo pensavo, una volta, ma ora ho capito che l’amore è scegliere e scegliersi reciprocamente. Ogni giorno, tutti i giorni. Sapere l’uno dell’altro quando russa, o quanto può essere pignolo; sapere quanto si lagna, quando è malato, oppure quanto ci tiene ad andare a pranzo da mamma la domenica. Conoscerne ogni difetto, eppure essere convinti che ne valga ancora la pena.
Lo scorso 11 Maggio è stata approvata la leggi per le unioni civili, è una grande conquista per l’Italia, cosa ne pensi?
Il decreto Cirinnà è un testo importante per l’Italia: è il primo passo verso la parità vera fra coppie omosessuali e coppie eterosessuali (ed anche quelle fra eterosessuali sposate e conviventi). La legge, perché potesse contare su sufficienti voti a favore, è stata stralciata e rimodellata in più punti (il più eclatante riguarda la stepchild adoption) e questo l’ha resa un po’ zoppicante e, a mio modesto parere, non ha colmato del tutto le differenze fra i diversi tipi di unione. Uno stato laico, come si professa il nostro Paese dovrebbe garantire ad ogni essere umano consapevole di sposarsi con chi ama, senza badare al sesso. In ogni caso, i diritti che, grazie alla legge sulle unioni civili, in molti hanno guadagnato sono una vittoria per tutti.
La tua paura?
I piccioni mi terrorizzano! Non li capisco, non riesco a prevederli, né a controllarli in alcun modo: i loro voli sono improvvisi e senza logica, secondo me. Credo siano la perfetta esemplificazione di tutto ciò che temo davvero: ciò che non riesco a conoscere, a comprendere.
Cosa è il diverso per te?
Diverso è un sacco di cose. Per molto tempo ho pensato che diverso fosse sinonimo di sbagliato. Tutto ciò che non rientrava in uno schema preciso era diverso e, quindi, era sbagliato. Io sono disabile, mi sentivo diversa e mi sentivo sbagliata. Mi ci sono voluti anni per capire che quella mia diversità poteva essere un punto di forza e non uno sbaglio. Diverso è chi guarda il mondo in modo diverso da te, per tante di quelle ragioni che non sto neanche qui a elencarle; ma se tu, invece di pensare ad un suo sbaglio, provi a conoscere e a capire il perché del suo punto di vista, può anche darsi che ti accorgi che il diverso è bello e ricco quanto lo sei tu.
Il tuo principale difetto?
Sono cocciuta, impulsiva e fumantina. Sono nata in agosto e sono, a tutti gli effetti, un leone: ruggisco, ma poi, di solito, non mordo. 
Occupazione preferita?
Un buon libro. Un buon film. Un buon amico.
Preferisci il giorno o la notte?
La notte, decisamente. Ho sempre avuto il sonno leggero e l’insonnia è mia compagna da anni; non dico “soffro”, perché non le renderei giustizia: ho studiato, di notte (prima durante il liceo e poi durante l’università); ho recuperato intere serie televisive e intere saghe letterarie, di notte; a prestato orecchie e spalle ad amici in difficoltà e ho riversato su di loro fiumi di parole, sempre di notte.
Una città, un modo di essere e una canzone
Una città: sicuramente Milano, che è la mia città, e anche se ora sono un po’ lontana, me la porto sempre dentro. Un modo di essere: il mio, che forse non è il massimo, ma che fa di me ciò che sono. Una canzone: Ho ancora la forza, brano di qualche anno fa della premiata ditta Guccini –Ligabue, che a un certo punto dice: E ho ancora la forza di scegliere parole / per gioco, per il gusto di potermi sfogare / perché, che piaccia o no, è capitato / che sia quello che so fare...”
Il tuo motto preferito
Credo di non averne uno. Ma provvederò a procurarmelo.
Il tuo sogno, perché di sognare non smettiamo mai.
Un amore, una famiglia, qualche amico, un po’ di salute e un lavoro che non mi faccia diventare ricca, ma che mi permetta di mangiare. Eccoli qui i miei sogni piccoli, forse banali, ma che mi rendono felice.
Grazie e in bocca al lupo Mara.



giovedì 12 maggio 2016

Racconto del mese di aprile 2016: Nosferatu di Giuseppe Novellino




Nel Campo della Rimembranza si poteva giocare, ma con qualche precauzione. Bisognava guardarsi dal vigile urbano che quasi sempre aveva qualcosa da ridire sul comportamento dei ragazzini. Quell’area verde, infatti, non era destinata al libero divertimento.  
     Tuttavia i giovanissimi non riuscivano a trattenersi. Per loro le siepi, il manto ghiaioso, i muretti, i quattro pini e i due cedri rappresentavano un invito a rincorrersi, ad arrampicarsi e a saltare. Soprattutto la chiesetta commemorativa, che occupava quasi tutto il lato orientale dell’area, esercitava su di loro una forte attrazione. Due cancelli laterali con lo scudo e tre lance incrociate (uno dei quali quasi sempre aperto) immettevano in una specie di cortiletto retrostante, pieno di sterpi e cespugli incolti. Quel luogo recondito era una vera tentazione, se non altro perché dagli addetti comunali veniva considerato zona off limits. Ma la cosa che più incuriosiva era l’accesso a un seminterrato il cui perimetro coincideva con quello della costruzione.
     Elisabetta e Lorenzo erano seduti sui gradini davanti al portale di bronzo che immetteva nella cappella. Con loro c’era anche un ragazzetto un po’ più grande, di nome Fabio.
     - Sapete chi è Nosferatu? – domandò quest’ultimo.

mercoledì 11 maggio 2016

Bollettino di navigazione, 11 maggio , sesto anno in mare


Pirati dei sette mari!
Quest'oggi il mio co-capitano ha tirato fuori una diavoleria tecnologica dalla quale mi voglio dissociare fermamente. Per cui, d'ora in poi, ci divideremo la nave. A lui l'albero bompresso e maestro, a me l'albero trinchetto e mezzana. Il timone lo gestiremo a turno, lui i giorni festivi e io quelli lavorativi. Natale a me e Pasqua a lui.
Detto ciò, negli ultimi tempi nuovi imbarchi, andate a salutarli e a spiegargli come si fa a pelare le patate A MANO.
In Taverna tante belle chiacchiere e nuovi concorsi segnalati.
In Spazio autori poi abbiamo nominato il racconto del mese di aprile. Andate a congratularvi con l'autore (poi a mezza bocca potete titare moccoli per l'invidia, tranquilli). E non dimenticate di mandare racconti per questo mese, da prossimo, poi novità...
In Laboratorio i progetti sui romanzi procedono, mentre in Editatatemi un racconto in lavorazione.
E insomma, stiamo progettando un nuovo contest, per cui, che altro dire se non: "Alla via così!"